martedì, ottobre 03, 2006

Finanziaria 2006

Dove sta la verità, ma soprattutto cosa ne pensate????????
Due giornali e due infinocchiamenti diversi........

Così funziona l'esproprio del ceto medio.
Raccontare bugie, per imbrogliare gli "stupidi borghesi" era una vecchia abitudine stalinista, che questo governo, folto di comunisti, di catto-comunisti e di post-comunisti e simpatizzanti ha raccolto in pieno, con la manovra di finanza pubblica. Così è una grossa bugia che nell'Irpef sono aumentate le aliquote solo per i ricchi, intesi come quelli con più di 70 mila euro, che poi, netti non sono affatto un reddito da ricchi. Infatti la nuova tosatura non inizia da 70 mila euro, ma da 32 mila euro lordi, per gli autonomi e da 40 per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Rispettivamente milleseicento euro mensili in tredici mensilità e circa duemila mensili. Questi sarebbero i "ricchi"! È troppo comodo scaricare su Visco la responsabilità di questa scelta fiscale, che è di Prodi e del suo governo intero. Il meccanismo con cui il gravame sui presunti ricchi viene attuato è una modifica delle aliquote, basata sull'ampliamento del raggio di azione della aliquota iniziale del 23 per cento, che non parte più da 26 mila euro, come all'epoca di Tremonti, ma da 15 mila. Le aliquote passano da quattro a cinque e vengono modificate, con un gioco complicato. Stabilita questa nuova scala di aliquote, però poi il disegno viene modificato, con un dosaggio intricato di detrazioni, che sono maggiori per i redditi bassi e minori per quelli medio bassi e spariscono per i redditi medi.


STANGATA fiscale, grida la destra (e il centro). Poche riforme e nessun serio recupero strutturale della spesa, affermano sentenziosi gli economisti indipendenti. Berlusconi, Tremonti, Bossi e Fini chiamano la piazza a scendere in piazza. Casini forse in piazza non ci andrà ma sicuramente applaudirà dalla finestra. Il circo mediatico dal canto suo (con pochissime eccezioni) piange sulle sorti del ceto medio tartassato. Quanto al governo, difetta di efficaci strumenti di comunicazione e quando ne ha li usa male per difetto di comunicativa. Sicché l'impressione generale, l'apparenza, è che questa Finanziaria con i suoi annessi e connessi sia nel migliore dei casi mediocre e segni comunque la vittoria politica della sinistra massimalista che avrebbe Prodi come portabandiera. Personalmente non condivido affatto questa "apparenza". Personalmente ritengo in tutta onestà che questa sia una buona Finanziaria. Con alcuni difetti, ma con un saldo positivo rispetto agli obiettivi che erano stati sostenuti in campagna elettorale. Quegli obiettivi, ricordiamolo, erano tre: raddrizzamento dei conti pubblici rispetto ai parametri europei, sviluppo dell'economia, equità sociale. Padoa-Schioppa aveva aggiunto l'impegno di economizzare sulla previdenza, sugli sprechi della pubblica amministrazione centrale e locale, sulla sanità. Prodi infine aveva più volte ripetuto che non avrebbe gravato la mano sui contribuenti specificando però che avrebbe spostato il carico dalle spalle deboli a spalle meno deboli.
Dopo essermi studiato per quanto possibile la foresta dei numeri (sciopero dei giornali permettendo) io penso che gli impegni assunti con gli elettori e con l'Europa siano stati adempiuti almeno in buona misura. Ho l'impressione d'essere tra i pochi a sostenere questa tesi, ma poiché mi capita spesso, questa probabile solitudine non mi sconforta. Cercherò di essere chiaro nella dimostrazione di questa tesi.

4 Comments:

At 5:35 PM, Blogger Trançinha! said...

purtroppo a noi precari non ci va per niente bene ... come al solito sia a destra che a sinistra promettono e poi non ci si filano de pezza...

Con la scusa dei blocchi delle assunzioni e della riduzione degli organici per le esigenze di Bilancio, si è proceduto a sopperire alle esigenze reali di servizio con contratti precari dei più svariati tipi: quasi 500 mila tra LSULPU, Cantieristi, Tempo determinato, C.f.l. (contratti formazione lavoro), Co.Co.Co., Contratto a progetto, Partita Iva, Interinali, Lavoratori precari della scuola e supplenti scuole e asili nido comunali, Titolari di assegni di ricerca o similari alle dipendenze delle Università o degli Enti pubblici di ricerca e altrettanti Dipendenti di ditte e coop. poichè molti sono stati i servizi esternalizzati (con profitti enormi per le aziende appaltatrici e un forte spreco di risorse pubbliche).

Il nuovo governo di centro sinistra ha fatto grandi dichiarazioni contro la precarietà; ma è un fatto che oggi in Italia, grazie anche al Pacchetto Treu, è lo Stato il maggiore datore di lavoro precario e a nero. I Ministri parlano solo di copertura del turn-over e non dicono come e quando.

È, invece, ora di passare dalle parole ai fatti e di dare una soluzione complessiva e in tempi brevi a tutti i Lavoratori precari: è necessaria una legge che permetta l’assunzione a tempo indeterminato di tutti quelli che hanno oggi contratti precari e lavorano "a nero".

Venerdi' 6 ottobre tutti in piazza!
1@ MANIFESTAZIONE NAZIONALE 9:30 Piazza della Repubblica...

altrimenti..l'unica alternativa e' la fuga...;) EL SUP mi aspetta....;)

 
At 6:49 PM, Blogger Trançinha! said...

Intervista a MUSSI: "In tre anni assumeremo circa 3.500 nuovi ricercatori. abbiamo ottenuto buoni risultati in questa Finanziaria"

Bravo Mussi...considerato che i precari nella sola ricerca sono piu' di 50000....(e non ho sbagliato il numero degli zeri)...
bella mossa...!!

qui ci stanno prendendo in giro ...e ce ne accorgeremo presto...:(

ma in piazza ci vado lo stesso...

 
At 6:52 PM, Blogger betta said...

che dire...non so che dire...

so che stanno cercando di emendare la finanziaria (quella che blocca le assunzioni) chiedendo lo sblocco del divieto di assunzione nelle pubbliche amministrazioni a partire dal 1 gennaio...e pare che siano messi bene...

il piu' e' avere un contratto per quella data... ;)

ma sono fatalista....se deve accadere...accadra'...

io mi sono stufata di avere l'ansia...e di manisfestare....venerdi' devo lavorare...

 
At 1:09 PM, Anonymous Anonimo said...

ecco a voi un bel articolo di Eugenio Scalfari

Le sette lamentazioni
e il rigore necessario
di EUGENIO SCALFARI

NELLE ULTIME quarantott'ore i contenuti reali, gli obiettivi raggiunti e quelli mancati dalla Finanziaria 2007, sono venuti a galla. Così pure le reazioni dei contribuenti, dei partiti, delle parti sociali e degli economisti. Il quadro è completo o quasi.

Le reazioni dei partiti e quelle delle organizzazioni che rappresentano interessi erano in larga misura prevedibili; non ci sono state sorprese degne di nota: governo e maggioranza da un lato, opposizione dall'altro; sindacati dei lavoratori favorevoli, Confindustria commercianti e artigiani contrari. Più interessante quelle dei contribuenti e degli esperti di economia. Qui è tutto un lamentarsi, anche perché i contribuenti favorevoli tacciono, quelli in qualche modo colpiti - anche di poco o pochissimo - esternano. Eccome! E meritano ascolto anche se chiedono cose irragionevoli, perché un pizzico di verità comunque c'è.

Lamentela numero uno: troppe tasse e pochi veri risparmi. Numero due: la stangata è ingiusta, doveva colpire solo i grandissimi patrimoni e invece si è accanita sui poveri cristi. Lamentela numero tre: gli sgravi sui redditi bassi favoriranno anche gli evasori. Numero quattro: gli evasori sono costretti ad evadere. Numero cinque: i piccoli imprenditori sono le vittime politiche della manovra. Numero sei: il Nord e in particolare il Lombardo Veneto pagano ingiustamente di più. Numero sette: l'agnello sacrificale è comunque il ceto medio.

Queste, a volerle riassumere in poche parole, sono le sette lamentazioni contro la Finanziaria. Ho già detto che prima di contestarne il contenuto bisogna scoprire quel pizzico di verità che contengono. E il pizzico di verità è questo: bisognava rimettere in ordine i conti disastrati dell'economia e della finanza; bisognava applicare la necessaria dose di rigore. Rigore vuol dire rigore, inutile girarci intorno. Vuol dire far quadrare un bilancio nazionale disastrato, contenere il deficit, contenere il debito pubblico, raccogliendo le risorse necessarie. Stimate a circa 2 punti di Pil; in cifre assolute 24 miliardi di euro.

E' evidente che non si potevano cercare queste risorse tra i poveri. Certamente bisognava cercarle tra i ricchissimi ed è stato fatto, non per farli piangere ma per un minimo di equità. I ricchissimi tuttavia sono pochissimi. Per trovare risorse vere bisogna dunque scendere nella trottola dei redditi e scendendo si arriva a contatto con il ceto medio. Il concetto di ceto medio è quanto di più discusso e fumoso esista in sociologia.

Dove comincia il ceto medio? E dove finisce? Alberto Statera ha condotto in varie puntate un'inchiesta rivelatrice ed anche molto piccante su quest'argomento e ci ha fatto scoprire che chi ha un reddito di 60 mila euro annui (pari a poco più di 45 mila al netto di imposte e contributi) si ritiene sull'ultimo gradino della scala dei redditi, sotto al quale comincia la povertà. Ci ha fatto anche scoprire che il barista di piazzale Clodio a Roma, con un reddito effettivo di 100 mila euro, ritiene legittimo ed anzi generoso nasconderne solo la metà al fisco, se lo dichiarasse tutto andrebbe fallito.

Allora ripropongo la domanda: qual è il ceto medio? La risposta è questa: il ceto medio è quello il cui reddito si colloca nei dintorni del reddito medio degli italiani. Nella operazione redistributiva avviata dalla Finanziaria il crinale individuato dal governo per distribuire risorse ad una parte e togliere risorse ad un'altra parte sta tra i 40 mila e i 50 mila euro di reddito annuo. Chi sta sopra dà, chi sta sotto riceve. E' giusta la scelta del governo? Oppure esosa? O invece generosa?

La risposta la troviamo in un'inchiesta del 2004 effettuata dalla Banca d'Italia sulla distribuzione del reddito ed è una risposta sulla quale bisogna riflettere a lungo: il reddito medio degli italiani è di 24 mila euro annui, il Nord ha un reddito medio di 28 mila, il Sud di 17 mila. Avete capito bene? Questo dato significa che chi ha un reddito maggiore di 24 mila euro sta sopra la media e chi ce l'ha minore sta sotto la media.

Dunque il governo, volendo equilibrare un po' una scala di redditi fortemente squilibrata, è stato generoso nel senso che ha diminuito il prelievo sui contribuenti fino ai 40-50 mila euro e lo ha accresciuto al di sopra di quella fascia. Si dice: doveva tagliare gli sprechi. Doveva riformare il "welfare". Doveva colpire gli statali. Doveva doveva doveva.

Mi viene in mente la risposta di Don Abbondio al cardinal Federico Borromeo che gli rimproverava di non aver celebrato il matrimonio tra Renzo e Lucia e di aver ceduto alle intimazioni degli sgherri di Don Rodrigo: "Eminenza, bisognava averli visti quei volti, averle udite quelle parole". E il cardinale, anziché irritarsi, crollò il capo in segno di comprensione.
Padoa Schioppa di tutto si può accusare fuorché d'esser pusillanime. Né ha avuto sgherri alle calcagna.

Ma ha operato in un contesto politico. Ha ritenuto che le riforme necessitavano d'un rinvio a febbraio-marzo mentre gli obiettivi richiesti dai mercati e dall'Europa erano attesi entro novembre con la Finanziaria. E' così difficile capire questa realtà? Vincenzo Visco ne ha ricordata un'altra con una battuta molto efficace nella sua intervista di ieri a "Repubblica". Ha detto: "Questa Finanziaria è la tassa di successione lasciata da Tremonti" esattamente così.

Vengo ora agli economisti indipendenti, stimolato dalle parole cortesi di Franco Bruni (che è uno di loro) sulla "Stampa" di ieri. Dice Bruni che gli economisti indipendenti hanno anche loro preferenze politiche (hanno un cuore, scrive testualmente) ma privilegiano l'indipendenza. In questo modo ravvivano il dibattito e compiono un'opera utile.

Sono d'accordo: ravvivano utilmente il dibattito. Ma non sono indipendenti. Ciascuno di noi ha nella sua testa una "variabile indipendente" e a quella è agganciato, quello è l'asse del suo ragionamento e da quell'asse egli dipende perché quello è il suo pre-giudizio. Ma questa è filosofia. Andiamo al pratico.

Quanto ha destinato il governo al raddrizzamento dei conti disastrati? Ha scritto Francesco Giavazzi (economista indipendente) che il deficit nel 2006 era del 3.6 per cento del Pil; dopo la Finanziaria scenderà al 2.8. Quindi l'operazione "rigore" è stata fatta con lo 0.8 del Pil. Valeva la pena di fare tanto chiasso per una decina di miliardi? Sarà sicuramente indipendente, Francesco Giavazzi, ma sbaglia o dimentica alcune cose. Anzitutto non si tratta del 3.6 bensì del 3.8, ma questo è un trascurabile dettaglio di due decimali. Il fatto è che il deficit nel luglio scorso era stimato a 4.1 e dopo la sentenza della Corte europea sul rimborso dell'Iva incassata sulle automobili delle imprese, era salito (il deficit) a 4.6.

Il governo, insediato da appena quindici giorni, provvide con la cosiddetta manovrina (decreto Bersani di luglio) e predispose anche la copertura dei presunti rimborsi Iva. Con questi interventi sommati a quelli contenuti nella Finanziaria 2007, il governo ha abbassato il deficit dal 4.6 al 2.8, cioè di 1.8 punti del Pil, pari a poco meno di 20 miliardi di euro. Un'altra questione riguarda il recupero dell'evasione. Sono oltre 7 miliardi. Nuove imposte? Oppure imposte dovute a legislazione vigente? Decidersi tra queste due definizioni è importante.

Recuperare l'evasione significa mettere le mani nelle tasche dei contribuenti oppure impedire che alcuni contribuenti mettano le mani nelle tasche dello Stato? Opterei per questa seconda dizione. Ma allora è sbagliato sommare quei 7 miliardi di recuperi con le altre entrate tributarie perché la qualità, l'essenza di quel denaro è diversa. Perciò quei 7 miliardi debbono essere tolti dalle cifre delle entrate perché appartengono ad un altro aggregato. E questo (sembra a me) è un altro errore che un economista indipendente non dovrebbe compiere.

Infine: l'operazione perequativa si chiude in pareggio. Tanto si taglia da una parte e tanto si aggiunge su un altro piatto. Non si può contabilizzare una parte senza accompagnarla con l'altra di opposto segno. Il contenuto di questa operazione è più etico che finanziario.

Mi par di capire che gli economisti indipendenti l'etica non la menzionino perché riguarda il cuore. Dovrebbero però ricordare che al tempo di Adam Smith, loro maestro e di tutti noi, la filosofia morale era un ingrediente essenziale e pre-giudiziale dell'economia politica. E' bene non scordarlo mai.

 

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